Perché i videogiochi horror ci fanno paura?

La psicologia della paura

I giochi horror, diciamolo, fanno paura, e non è una novità. Quante volte, giocandone uno, lo abbiamo abbandonato definitivamente dopo un jumpscare inaspettato o perché, semplicemente, ci sentivamo costantemente in uno stato di angoscia? Io molte, non lo nascondo. Ma la paura che proviamo di fronte a uno di questi videogiochi non è sempre uguale, e in molti casi un gioco può essere molto, molto più spaventoso di altri, anche per i più temerari.

Da giocatori non ci facciamo caso troppo spesso: in fondo giochiamo a questi giochi proprio perché vogliamo essere spaventati. Ma dal punto di vista di un game designer, la questione è molto diversa. Gli elementi che insieme determinano quanto un videogioco horror faccia paura sono moltissimi, e in questo articolo esaminerò i principali.

La mancanza di informazione

Il primo punto su cui vorrei soffermarmi, e che ritengo il più importante in assoluto, è la mancanza di informazione. Vi siete mai chiesti perché in così tanti giochi horror il nostro personaggio si trovi sempre al buio? O perché difficilmente ci viene detto con estrema chiarezza cosa dobbiamo fare o come? Beh, questa è la risposta: generalmente in videogiochi non pensati per incutere paura abbiamo a nostra disposizione un gran numero di informazioni: nell’HUD abbiamo i dati principali di gioco, gli elementi ambientali sono ben noti al giocatore grazie a pop up e particolari accorgimenti grafici e in generale si evita di lasciare chi gioca in totale balia del caso. Il gioco horror invece fa proprio il contrario: limitare le informazioni a disposizione del giocatore durante il gameplay è un ottimo modo per porre l’utente in uno stato d’ansia. 

Pensiamo a giochi come Five nights at Freddy’s, dove dobbiamo fare sempre attenzione che i mostri non si avviciniamo dalle porte laterali, ma dove è anche importante osservare il loro movimento nella mappa tramite telecamere. Se potessimo fare entrambe le cose contemporaneamente il gioco non farebbe più paura: saremmo in grado di controllare tutto e di rispondere sempre a qualunque circostanza. Gli sviluppatori, però, hanno ben pensato di fare in modo che quando si guardano le telecamere non è possibile fare attenzione alle porte laterali e viceversa. Ciò crea la necessità di alternare di frequente il proprio stile di gioco, e fa in modo che il giocatore si domandi costantemente che cosa accade attorno a lui quando non è in grado di verificare direttamente con i propri occhi.

Five Nights at Freddy ‘s: a sinistra l ‘ufficio con le porte da cui potrebbero arrivare i mostri, a destra la modalità telecamera in cui è possibile controllare l ‘intera mappa senza però avere informazioni su cosa sta succedendo nelle immediate vicinanza dell ‘ufficio

Scenari contrastanti

L’effetto dell’assenza di informazioni può poi essere amplificato utilizzando il secondo punto di cui voglio discutere: il contrasto. Moltissimi videogiochi horror non cominciano immediatamente ponendo il giocatore in una situazione di stress. Al contrario, spesso inizialmente si preferisce dare a chi gioca quante più informazioni possibili, ma solo per un breve periodo. Pensiamo, ad esempio, a tutti quei giochi in cui l’esplorazione di un ambiente notturno è facilitata dalla presenza di numerose luci accese (ad esempio in un’abitazione), che dopo un po’, però, vengono spente lasciando il giocatore al buio. Questa forma di contrasto è molto comune, seppur non sia l’unica. 

Un altro contrasto frequentemente presente nei giochi horror è quello tra ambiente ed elementi posti nell’ambiente stesso. Un esempio può essere una chiazza di sangue in una normalissima abitazione, o dei palloncini in un manicomio abbandonato. Il contrasto che si viene a creare fa sì che il giocatore si ponga una serie di domande a cui non riesce a trovare risposta, e questo provoca in lui una maggiore agitazione, proprio in relazione al fatto che, oltre a essere in mancanza di informazioni, ora ne è pure direttamente consapevole. Questo meccanismo può essere ampliato anche ai personaggi stessi, e molto spesso anche gli effetti sonori cercano di ottenerlo.

In The Open House, un videogioco horror che inizialmente si spaccia per un tour virtuale di una normalissima abitazione, il giocatore a un certo punto trova questo oggetto insolito. Da questo punto il gioco, prima totalmente innocuo, si trasforma completamente. Le prime domande sorgono spontanee e da qui la situazione semplicemente degenera.

Audio e “ambience” dei giochi horror

Arriviamo così a un terzo punto cruciale: l’audio. Questa componente, che caratterizza quasi tutti i videogiochi, acquisisce negli horror una funzione molto più descrittiva rispetto a quella che troverebbe in giochi di altro genere. Questo perché, essendo spesso limitata l’informazione visiva concessa al giocatore, l’audio diventa fondamentale per poter in qualche modo colmare la scarsità di informazioni, o, in un certo senso, per arricchire le poche informazioni note.

Affinché i suoni o i rumori arricchiscano davvero l’esperienza dell’utente, però, vanno presi accorgimenti particolari. Innanzitutto è fondamentale accompagnare quanto più possibile le interazioni con l’ambiente con suoni opportuni. Consideriamo il caso in cui il giocatore apra una porta in una casa abbandonata. Se a questa azione fosse associato il rumore limpido che la nostra porta di casa fa nell’aprirsi, chiaramente la situazione sarebbe paradossale: il rumore applicato in questo caso non sarebbe adeguato al contesto in cui viene emesso. Sarebbe sicuramente più opportuno il rumore di una porta arrugginita, coerente con l’oggetto che lo produce. L’incoerenza tra oggetto e suono prodotto dall’oggetto stesso può però, in certi casi, costituire un’interessante forma di contrasto che può incutere molta paura ai giocatori.

Sempre parlando di suoni ambientali, i giochi horror sono molto spesso caratterizzati da una qualche forma di costante rumore di sottofondo, quasi impercettibile, ma che fa la differenza. Questi effetti sonori sono usati specialmente all’interno di ampie strutture per enfatizzare la loro grandezza e il senso di spaesamento di chi vi si trova all’interno, e loro sottili modifiche possono alterare completamente l’atmosfera creata attorno al al giocatore. Moltissimi giochi horror, oltretutto, fanno in modo che tutti i suoni o i rumori che giungono al giocatore siano modulati in base alla direzione da cui provengono e agli ostacoli che incontrano tra la fonte e l’ascoltatore. Giusto per intenderci, il rumore di un oggetto che cade alle nostre spalle sarà sicuramente diverso dal rumore dello stesso oggetto che cade in una stanza sopra di noi. 

Phasmophobia è un videogioco horror in cui l ‘obiettivo del giocatore è identificare la tipologia di fantasma che infesta la mappa. In questo gioco i suoni sono usati moltissimo per evidenziare il comportamento del fantasma e per creare un ‘atmosfera lugubre. Esiste perfino un microfono utilizzabile in-game per captare i rumori e chiarirne la provenienza (vedi immagine).

Impotenza

Un altro elemento fondamentale per ottenere un horror efficace è il senso di impotenza. Facciamo subito un esempio per aver bene chiaro il concetto: immaginiamo un gioco horror in cui il giocatore è rinchiuso in un labirinto buio e pieno di mostri che possono sbucare da ogni angolo. Immaginiamo ora, però, che il giocatore sia dotato di una super corazza, un lancia razzi e degli stivali che lo fanno correre velocissimo. Che cosa accade? Che il gioco non fa più paura. Se posso semplicemente andare in giro per il labirinto e uccidere ogni mostro quando mi capita di incontrarlo, allora io dei mostri non ho più paura, anzi, semmai sarebbero loro a dover avere paura di me.

Questo aspetto è centrale: il senso di angoscia nel giocatore si manifesta non solo per la natura spaventosa degli ostacoli che incontra, ma anche in base alla sua capacità di affrontare quegli ostacoli. Ora, è chiaro che chi gioca deve avere un minimo di possibilità di contrastare quello che gli si para di fronte, ma è necessario tarare molto bene le abilità del nostro personaggio, mostrando subito al giocatore che le sue capacità sono minime e che i pericoli che dovrà affrontare saranno molto più grandi di lui.

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