Un videogioco, come qualsiasi altro strumento ludico, è formato da tanti piccoli tasselli incastrati accuratamente tra loro fino a costituire un insieme omogeneo con cui il giocatore può interagire. L’essenza stessa del gioco, e dunque le modalità con cui il videogioco viene giocato, costituisce quello che viene comunemente detto gameplay
.
Esistono potenzialmente infinite varietà di gameplay diversi: Un gioco sparatutto avrà sicuramente meccaniche diverse da un gioco puzzle, ma anche tra giochi dello stesso genere il gameplay non sarà mai identico: le variabili infatti sono moltissime, ed è compito del game designer organizzarle al meglio per creare un’esperienza memorabile.
Ora, un game designer potrebbe, nella speranza di porre le basi per il gioco migliore mai creato, ammucchiare una valanga di meccaniche, elementi di gioco, obiettivi e comportamenti, al fine di avere un prodotto finale completo e, si spera, divertente. Spesso, però, il risultato di una simile operazione è una catastrofe. Esiste infatti, nel mondo del game design, un concetto noto come “eleganza
” che indica il rapporto tra la complessità intrinseca del gioco e le possibilità strategiche che tale complessità garantisce al giocatore.
Prendiamo come esempio l’ipotetico gioco citato in precedenza. In quel caso, il nostro non proprio brillante game designer ha cercato di garantire al giocatore la possibilità di fare molte cose nel gioco bombardandolo di contenuti e regole. Ciò significa che chi gioca dovrà imparare a maneggiare nuove meccaniche in continuazione per poter sviluppare nuove tattiche di gioco
. Il videogioco in questione, di conseguenza, manca di eleganza.
Consideriamo ora un gioco realmente esistente: quello degli scacchi . Le regole di base sono poche e semplici: un tabellone 8x8 e sei pedine, ciascuna con le proprie semplici regole per essere mossa sulla scacchiera. Fine (tralasciamo per semplicità la promozione, l’arrocco, e l’en-passant). Ecco che un gioco con pochissime regole e pochissimi elementi genera una varietà strategica immensa . Il gioco degli scacchi, quindi, è un gioco con un design elegante. Sebbene l’eleganza sia un fattore cruciale quando si parla di game design, è bene chiarire subito che un gioco estremamente elegante, come nel caso degli scacchi, ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Da un lato, un gioco del genere, con poche regole, è sicuramente accessibile a chiunque, nel senso che è molto semplice comprendere le regole e iniziare a giocare. La profondità del gioco, d’altra parte, è tale da richiedere anni di studio per chiunque voglia approcciarsi al lato davvero competitivo di questo apparentemente semplice gioco, nato, pensate, nel VI secolo d.C.
Un altro gioco elegante a tutti gli effetti, questa volta un videogioco vero e proprio, è Pac-Man
. Uscito nel 1980, Pac-Man insegna ancora oggi ai game designer di tutto il mondo come va progettato il gameplay di un videogioco: in Pac-Man l’area di gioco è cosparsa di palline
bianche che, se raccolte, fanno guadagnare al giocatore 10 punti. Fin qui nulla di particolare.
Queste palline, però, rappresentano anche lo scopo del gioco stesso: per completare un livello, infatti, bisogna mangiare tutte le palline sullo schermo. Un singolo elemento ha dunque due funzioni… anzi, più di due! Non molti infatti sanno che il famoso personaggio giallo, mangiando queste palline, rallenta leggermente
. Questa piccola variazione in velocità è cruciale: quando si mangiano le palline, infatti, Pac-Man è più lento dei fantasmi che lo rincorrono, mentre quando passa per un corridoio in cui le palline sono già state mangiate in precedenza, allora si muove più velocemente dei fantasmini. Questa meccanica è importantissima: tramite un semplice cambio di velocità un singolo elemento riesce a dare vita a una complessa rete di strategie
che il giocatore può adottare per completare il livello. La mappa viene così suddivisa in zone a veloce percorribilità, più sicure, e a percorribilità lenta, più rischiose ma in cui è necessario andare per vincere. Questa sì che è eleganza!
Img. 2: Pac-Man